Il tabernacolo collocato al centro della mensa dell’altare maggiore, è opera di rara bellezza, e fu donato nel 1666, con atto testamentario, dal marchese Ludovico di Provana: il dono ebbe esecuzione grazie ad un ordine del duca Carlo Emanuele II. Il manufatto è in legno interamente rivestito di tartaruga, con cornici in ebano, capitelli e decorazioni in ottone dorato. La sua forma, che si rifà a modelli presenti nelle chiese dei frati cappuccini, rimanda in tutto a quella di un tempietto a pianta centrale a due ordini con colonnine tuscaniche nel registro inferiore e ioniche nel superiore. Colonnine binate affiancano la porticina centrale della custodia e le nicchie che decorano i fianchi. I particolari della decorazione: i parapetti con balaustri in ottone dorato e i plinti sormontati da piccoli vasi, le specchiature con le teste alate di cherubini e la trabeazione, divisa da triglifi di metallo dorato, ravvivano, con lo splendore dell’oro, il fondo scuro della tartaruga. Il tabernacolo è coperto da una cupola a pianta ottagonale sormontata da una croce. Il piccolo vano, dove si esponeva l’eucaristia, un tempo era occupato da un crocifisso in bronzo dorato opera dello scultore in bronzo Simone Boucheron; nelle quattro nicchie erano collocate delle piccole sculture (una era dedicata a San Luigi di Francia, Santo protettore del donatore), sempre in bronzo dorato, lavori dello stesso Boucheron. Questi decori furono aggiunti nel 1670, commissionati dalla marchesa Elena Lomellini, vedova del donatore, ma furono tutti trafugati agli inizi del Novecento.

Tabernacolo dell’altare maggiore in tartaruga.

Il tempietto è, con tutta probabilità, opera romana eseguita nella prima metà del Settecento. Nei Musei Capitolini (Palazzo dei Conservatori) è custodito uno “Stipo a forma di facciata in legno ebanizzato e tartaruga” prodotto a Roma negli anni 1640-1650 e proveniente dalla raccolta Cini, vicino per stile e tecnica di esecuzione al tabernacolo del santuario di Avigliana. Un altro prodotto analogo si trova nella raccolta Pamphili Doria di Roma.

Il marchese Ludovico Provana fu insigne benefattore del santuario e Carlo Emanuele II di Savoia concesse, alla sua morte, con lettera datata 16 settembre 1666, che il suo corpo potesse avere sepoltura terragna nella cappella, allora dedicata a San Maurizio ed ora a San Felice da Cantalice, e che il suo monumento funerario, con il ritratto, fosse collocato sulla parete sovrastante.

Monumento funebre di Ludovico Provana.

Il monumento Provana è un piccolo raffinato capolavoro della scultura secentesca. Bellissimo il suo impianto, di ispirazione romana, preziosa la scelta dei rari marmi che l’adornano, tra i quali figurano il bianco di Foresto, il nero di Frabosa e il rosso di Francia. Nella nicchia fa bella mostra di sé il busto-ritratto del marchese, che è da annoverare fra i migliori esempi della ritrattistica barocca regionale per l’intensa vitalità che lo anima e che è palesemente ispirata ad esempi berniniani.

La sepoltura, nel suo complesso, deve essere attribuita a maestranze d’origine luganese, attive nell’ambito della corte sabauda. Pur assegnando le parti architettoniche e decorative della mostra alla bottega dei Carlone il ritratto si deve invece riferire a Giuseppe Maria e Giovanni Domenico figli di Tommaso Carlone, come si deduce dal confronto con il monu mento funebre per lo stesso Tommaso, realizzato dai figli nel 1667 collocato sulla controfacciata della chiesa di San Francesco da Paola a Torino. L’epigrafe sottostante elenca le benemerenze politiche del defunto.