La tela rappresenta il Santo cappuccino Felice da Cantalice (1515-1587)che riceve e stringe al petto il Bambino Gesù dalla Madonna. Dopo la canonizzazione da parte del papa Clemente XI il 22 maggio 1712, la sua devozione si diffuse molto anche in Piemonte soprattutto nell’ambito dei cappuccini. L’opera va attribuita al pittore torinese Michel Antonio Milocco (1690 circa – 1772). Il pittore lavorò per la corte e per molte chiese di Torino e del Piemonte. La figura di questo artista, finora alquanto confusa nella pleiade dei pittori orbitanti intorno al pittore Claudio Francesco Beaumont. sta prendendo giusta immagine per il ritrovamento di nuovi documenti biografici e di opere documentate; ne viene di conseguenza accreditata l’importanza nell’ambito della pittura piemontese fra 1730 e 1770 e il cospicuo ruolo di trait d’union fra l’arte colta di Corte e le esigenze dei committenti provinciali, che alla pittura sacra richiedevano precisi parametri non sempre necessariamente in linea con la pittura aulica.

Il pittore, figlio di un cuoco dei Principi Carignano, potè godere di un periodo di formazione romana: nel 1711, infatti, è documentato nell’Urbe, ove riceve il primo premio nella seconda classe della scuola di pittura presso l’Accademia di San Luca”. La permanenza romana è poco conosciuta e, probabilmente, dovette essere segmentata da ritorni a Torino. Nel 1719 è a Roma, al servizio del principe Doria Odescalchi, ma con salde radici subalpine, dal momento che risulta iscritto, almeno dal 1718, alla prestigiosa Confraternita di San Maurizio di Torino.

Visione di San Felice da Cantalice.

Tornato a Torino, nel 1723 incomincia un lunghissimo periodo di attività per il Milocco a favore delle chiese di Torino, per la Corte, per chiese della provincia ed oltre, con un catalogo di opere in gran parte da ricostruire, ma che si allunga progressivamente. Nel 1729 il pittore è priore della autorevole Compagnia di San Luca di Torino: un riconoscimento morale e sociale alla sua carriera di grande significato, che testimonia di una fama già a quel tempo consolidata.

Il Lanzi ricorda che Milocco è il pittore di cui si incontrano in Piemonte più frequentemente quadri, specifica anche, con un giudizio che è un capolavoro di equilibrio critico ancor oggi insuperato, che fu “non disce polo, ma talora compagno del cavaliere Beaumont; più secco di lui nel disegno, men colto, meno pittore, ma per certa sua facilità volentieri adoperato da privati, e talora dal Principe”. Le considerazioni del Lanzi si riscontrano perfettamente nella pala di Avigliana, la cui vivacità corre di pari passo con la forte efficacia del messaggio religioso che vi è sottinteso. San Felice da Cantalice fu il primo Santo dell’Ordine dei Cappuccini, veneratissimo nei conventi francescani di tutta Italia.

L’impianto iconografico della tela di Avigliana è del tutto simile a tante altre rappresentazioni di San Felice: il santo cappuccino è inginocchiato di fronte alla Vergine Maria che gli appare e gli porge il piccolo Gesù da adorare; lui lo accoglie tra le sue braccia con infinita e trepidante devozione. Due piccoli angeli sono seduti sul gradino che serve da inginocchiato io al santo e reggono un giglio, simbolo di purezza, e gli custodiscono il sacco della questua che, dai rigonfiamenti, pare contenga alcune pagnotte. Un altro angelo si colloca alle spalle del cappuccino e lo accompagna nella preghiera mentre alcune teste alate di cherubini svolazzano festanti in alto, sopra la scena principale. I tratti fisiognomici del Santo sono stati delineati con precisione fotografica perché si possiede un ritratto eseguito dal vivo che è stato utilizzato in tutte le immagini che lo riguardano.