Il primo importante dono sabaudo al santuario é da far risalire al 1581, quando il Duca Carlo Emanuele I offri alla primitiva cappella le quattro tavole del polittico che formavano, allora come adesso, l’ancona dell’altare maggiore. Al centro la scena dell’Annunciazione, ai lati i Santi Sebastiano e Rocco e la predella, ripartita in tre episodi evangelici: la visitazione, la Nascita di Gesù, l’Adorazione dei Magi. Il dipinto è già menzionato negli atti seguiti alla visita pastorale del 1584 compiuta dal visitatore apostolico Monsignor Peruzzi. L’episodio centrale del politico è costruito in ossequio ai canoni tradizionali: l’arcangelo Gabriele, con ali decorate ad occhi di pavone’, si avvicina, genuflettendosi con grazia, recando con la sinistra il giglio ed il cartiglio con il saluto: AVE GRATIA PLENA”; la Vergine è stupita per la subitanea apparizione e per le parole dell’arcangelo “A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto” (Luca 1, 29), volge lo sguardo altrove e, con le mani a palme aperte, comunica il senso del suo turbamento. La scena accade in una stanza arredata con grande semplicità: un letto a baldacchino, con le cortine chiuse, un inginocchiatoio ed una cassapanca con schienale a muro. Gli indumenti dei due personaggi sono preziosi; purtroppo si è perso del tutto la consistenza del manto della Vergine, indossato su una tunica rossa, che doveva essere di un blu ultramarino lumeggiato d’oro, l’arcangelo, invece, è abbigliato con il paramento liturgico proprio del diacono: un’alba, una dalmatica rossa, impreziosita da lumeggiature d’oro e guarnita con pietre preziose e la stola bianca indossata di traverso. I due Santi laterali sono ricorrenti in un territorio segnato dalle epidemie endemiche; la figura di San Sebastiano è caratterizzata per una posizione morbida, ed è notevole nella resa anatomica, San Rocco è più corrucciato, lo diresti quasi incerto tra l’alzare gli occhi al cielo nella richiesta dell’aiuto divino e il mostrare la piaga dolorosa. La tavola della predella raffigura in tre scene la continuazione cronologica dei fatti evangelici, sono temi consueti ma narrati con toccante naturalismo. Sul fondo della Natività si nota una porta gemina, con le caratteristiche torri di difesa, che ricorda, in modo impressionante, la Porta Palatina di Torino.

L’immagine dell’Annunciazione ha colpito, più delle altre del com plesso, la fantasia popolare. In tutti gli ex voto del santuario, anche nei più antichi, compare come il riferimento taumaturgico forse questo è dovuto allo spostamento del centro di attenzione devozionale Ad un’analisi, seppur superficiale, risulta che il Polittico è frutto di un pastiche: lo scomparto centrale si differenzia dai due laterali sia per una sua propria logica prospettica sia per le differenti misure in altezza. L’essere poi un dono ducale assicura che le quattro tavole non furono realizzate espressamente per il santuario. Verosimilmente provenivano da una o più chiese torinesi oppure dalla stessa Avigliana, che le aveva poste in disuso perché non più in sintonia con il gusto del tempo: in un santuario decentrato, come quello della Madonna dei Laghi, non creava alcun problema un prodotto antiquato, compatibile con il gusto di oltre mezzo secolo prima.

Tradizionalmente, nel suo insieme, l’opera è stata attribuita al grande pittore Defendente Ferrari da Chivasso (+1540 circa); ma se questo può valere per i due Santi laterali con la predella, l’Annunciazione però è di tutt’altra mano. Il volto della Madonna si discosta dall’usuale sembiante dei lavori di Defendente e, probabilmente, si è in presenza dell’opera di un buon pittore, purtroppo ancora anonimo, che lavorò nel Piemonte sabaudo tra gli ultimi decenni del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento. Anche se si distingue dal maestro di Chivasso, tuttavia l’anonimo artista doveva essere un “collaboratore” di Defendente, che dava pure seguito a ordinativi personali, indipendenti dall’attività del Maestro. Come dimostrato da recenti scoperte d’archivio, nella bottega di Defendente si delinea la figura di un artista che non era un allievo, ma che, unitamente ad altri maestri pittori” partecipa ad opere importanti del maestro. Il sodalizio con Defendente può avere avuto il suo inizio dopo il distacco dei due dalla bottega del presunto comune maestro Martino Spanzotti. L’esecuzione del dipinto si può collocare verso il 1515-1520.

Il polittico si presenta oggi inquadrato in una bella ancona secentesca di legno di noce che rende omogenee le diverse componenti, realizzata da Pietro Botto e Francesco Busso, ed eseguita espressamente per questa funzione nel 1642, poco prima dell’apertura al culto del nuovo santuario.

Polittico dell’Annunziata

Il complesso pittorico non ha attraversato indenne i secoli; nel 2003 le quattro tavole furono sottoposte ad attento restauro e collocate, come in origine, su uno stesso piano e con una nuova cornice dorata che rendesse visibile tutta la superficie pittorica.

L’immagine fu incoronata tre volte. La prima incoronazione avvenne il 14 aprile 1652 e la corona fu donata da Francesco Gallina orefice tori nese. Un secolo dopo ci fu la seconda incoronazione posticipata al 30 aprile 1752, e il 22 agosto 1852 l’immagine ricevette per la terza volta la corona, offerta da don Pietro Vinassa parroco di Caprie.

In una data imprecisata, certamente prima del 1622 (anno della cessazione dell’attività degli Agostiniani nella cura del santuario), i Savoia avrebbero donato alla chiesa alcuni dipinti di grande valore. Un “Inventario delle robbe della Mad.a de laghi d’Avigliana” datato 19 ottobre del 1624, recita: “Più sei roncone fatte all’aglio di S. Michele 2° S. Mauritio 3 della Sindone S. ma 4* d’un crocifisso con S. Francesco 5 d’una Mad a a purino con un pellegrino e pellegrina in ginocchioni 6° la risurrett.e di N S. L’inventario era una nota di consegna alla comunità cappuccina di quanto possedeva il santuario: la presa di possesso del nuovo convento e annesso edificio sacro risaliva al 10 maggio precedente. Non si è in grado di appurare se tutte le opere inventariate furono acquisite dal san tuario nell’ambito di un’unica donazione e neppure di distinguere quali tra tutte furono effettivamente donare.

Se si eccettua il dipinto con la Risurrezione del Signore, scomparso in epoca imprecisata, tutte le tele descritte si trovano ancor oggi nel santuario: il San Michele e il San Maurizio sulla parete di destra del vano centrale, sulla parete opposta la Madonna dei Pellegrini e la tela con Gesie avvolto nella Sindone. Sopra l’altare della cappella di sinistra è collocato il Crocifisso con S. Francesco.

Il quadro di San Maurizio un tempo era all’altare di destra, attualmente dedicato a San Felice da Cantalice.

I Savoia, in particolare il Cardinal Maurizio, avevano importanti agganci nelle corti nord italiane e a Roma e potevano procurasi tele di pregio e, considerato il valore di quasi tutti i pittori coinvolti, già in grande considerazione all’epoca del dono, si può valutare tutta l’importanza del gesto.