Il tema del Crocifisso venerato da San Francesco attraversa l’arte italiana e la spiritualità francescana dal 1200 ad oggi. Dai primordi, dal Crocifisso del Maestro di San Francesco della Galleria Nazionale di Perugia, in poi la figura del Santo di Assisi è stata associata al Gesù che pende dalla croce; dopo la stigmatizzazione sulla Verna, Francesco fu definito “il secondo Cristo” perché portava nel suo corpo le stesse piaghe del Signore. La tela di Avigliana è opera di rara bellezza, dipinta da un grande maestro. Raffigura San Francesco inginocchiato ai piedi del crocifisso, rivestito del saio, a braccia allargate con un gesto di sovrumana accoglienza delle sofferenze del Signore. Il corpo del Signore nudo, se si eccettua il candido perizoma che lo cinge ai fianchi, polarizza la luce che proviene da una fonte posta a sinistra e ne mette in evidenza i minimi dettagli della muscolatura; è una prova di bravura nella resa anatomica del corpo del Signore possibile solo a un pittore di grande abilità. Il ricamo in filo rosso che borda il perizoma è un preziosismo e quasi si confonde con il sangue che, copioso, sgorga dalla ferita del costato. Il saio del Santo è di tela grezza quasi palpabile tant’è il realismo con cui il pittore l’ha riprodotta.
Crocifisso venerato da San Francesco.
Il cielo plumbeo, con uno sprazzo di luce all’orizzonte, contestualizza la scena ed evoca il momento preciso della morte di Gesù: “Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra” (Matteo 27.45). Così il pittore ha voluto creare una sorta di contemporaneità: accanto al Signore c’è Francesco, che non venera il Crocifisso, ma si unisce nel contempo alla sua morte.
È un’opera che agli innegabili pregi religiosi unisce una superiore qua unità formale. Nel corso del tempo le attribuzioni per questa tela non sono mancate: oggi, alla luce degli studi più recenti, possiamo ritenere che sia opera di ambito lombardo – emiliano, con evidente legami con l’operato di Simone Peterzano, il maestro di Caravaggio, in particolare è necessario confrontare questa tela con il Cristo in Croce con San Francesco della parrocchiale di Robecco sul Naviglio Grande, ma anche con la crocifissione affrescata dal Peterzano per la Certosa di Garegnano (Milano). Nell’affascinante dipinto, una più belle tele secentesche presenti in Piemonte, non mancano, inoltre riferimenti all’operato dei Carracci, segnatamente di Ludovico e, più in generale alla pittura emiliana di primo Seicento.