A sinistra, appena entrati nel santuario, è appesa una tela di ragguardevoli dimensioni con raffigurata la deposizione di Gesù dalla croce e la preparazione del suo corpo prima della deposizione nel sepolcro. Un gruppetto di uomini stanno stendendo il sudario sul corpo esanime di Gesù con gesti che lasciano intendere la conoscenza, da parte del pit tore, della Sindone di Torino: due stendono il lenzuolo, rivoltandolo dal capo verso i piedi, altri due osservano che il tutto sia sistemato al meglio; a sinistra Giovanni piange afflitto la morte del suo Signore. Due scale appoggiate alla croce reggono due individui che hanno appena calato il corpo e stanno recuperando il cartiglio con il motivo della condanna. In disparte due donne sostengono la Madre di Gesù in deliquio e, in lontananza, alcuni stanno approntando il sepolcro dove sarà posto il corpo del Maestro.

Le figure sono scaglionate con ragionato equilibrio, anche se l’anonimo autore dimostra di non avere capacità sufficienti per elevarsi al di sopra della semplice pratica artigianale.

Gesù avvolto nella Sindone.

Il dipinto ha il corrispondente in una stampa, conservata a Vienna, che gli e in tutto simile se si eccettua la visione speculare della scena. L’incisione è stata realizzata dal pittore e incisore correggese, ma bolognese di adozione, Gian Luigi Valesio (1570 – 1633). L’artista ha avuto un’attività intensissima tra Bologna, Como, Modena, Roma e dintorni. Nella città papale si aggregò alla cerchia della famiglia Ludovisi, a Bologna fece parte dell’Accademia dei Carracci e si legò alla loro scuola pittorica. La stampa, forse il frontespizio di un testo dedicato all’ostensione della Sindone, reca la dedica al Duca Carlo Emanuele I: “DE SACROSANCTA SINDONE AD SERENISSIMUM CAROLUM EMMANUELEM SABAUDIAE DUCEM”.

Ostensione e stampa sono possibili indizi di una produzione figurata di ampio formato. Si può avanzare l’ipotesi che il duca abbia commissionato ad un artista di notevole livello un dipinto celebrativo di un’ostensione, dipinto al quale si è rifatto il Valesio per la sua incisione e l’anonimo pittore per la tela di Avigliana. L’eventuale derivazione della stampa dal nostro quadro è insostenibile, viste anche le differenze, non sempre di lieve entità. Che il pittore, poi, non abbia avuto come modello la stampa lo si deduce dal fatto che le due raffigurazioni stanno in rapporto speculare.

In considerazione del rapporto esistente tra la stampa, il dipinto e il duca Carlo Emanuele I si può supporre che la tela sia stata donata dallo stesso duca, e ciò sulla base di alcune constatazioni: il duca aveva un occhio di riguardo nei confronti del santuario di Avigliana (e lo prova il dono del polittico), il soggetto della tela è tipicamente locale, piemontese, anzi torinese e rimanda ad una delle numerose ostensioni celebrate durante il ducato di Carlo Emanuele I.