La tela del San Maurizio martire fu quasi certamente donata dal cardinal Maurizio, che, riteneva il Santo suo patrono. Con un gesto di generosità, il porporato – che ricordiamo come raffinato collezionista ed intenditore d’arte intendeva sottolineare la sua familiarità con il santuario che visitava quando si recava a Giaveno o all’abbazia di San Michele della Chiusa, di cui era stato beneficiario dal 1617. Il Santo Martire, vestito in uniforme da militare romano, accompagnato dalla sua spada, è rappresentato in ginocchio nel contesto di un buio paesaggio, allunga il braccio per accogliere la palma del martirio che gli e offerta da un angelo, Appena visibile nella penombra del fondo un gruppo di piccole figure: sono i compagni di Maurizio che stanno, a loro volta, subendo il martirio. Solo un albero rompe la linea dell’orizzonte, illuminata dagli ultimi raggi di un sole già tramontato che contribuisce a creare un’atmosfera di serenità tinta di malinconia.
San Maurizio martire.
La composizione è estremamente semplice: la grande figura aggraziata del Santo è collocata in primo piano e si staglia contro il paesaggio minaccioso illuminato dall’alto. Queste caratteristiche della composizione, insieme ad altre più generalmente stilistiche sono peculiari del pittore bolognese Guido Reni (1575-1642). L’altissima qualità della pittura e, in particolare, la posizione del volto e del corpo del Santo rendono l’opera prossima alla celebre serie dei “giganti già nel Palazzo ducale di Mantova ed oggi al Louvre. Guido Reni in quest’opera evidenzia un’alta concezione religiosa del soggetto: l’oscurità che avvolge la figura, rotta solo dalla luce soprannaturale, esprime, infatti, una visione interiore accessibile solo al Santo, ma che, per mezzo di lui, è resa visibile allo spettatore. Questo stato d’animo di potente meditazione é sottolineato dall’atmosfera oscura che circonda il Santo, il bagliore che illumina il suo volto esprime invece la gioia beatifica delle visioni che si aprono dall’alto (con lo squisito angioletto che gli porge la palma) e che vanno già oltre il martirio.
Per motivi stilistici, il dipinto è databile verso il 1615 e, probabilmente, era già nel santuario durante l’epoca agostiniana. La tela, prima del 1713 era posta sull’altare della cappella ora dedicata a San Felice da Cantalice.